Meritocrazia creditizia, è troppo facile appoggiarsi alle grandi, ma poi?


Si parla di merito creditizio quando successivamente ad una approfondita analisi di un'azienda viene concesso una determinata somma di danaro sotto forma di prestito o altra forma tecnica. L'analisi del merito di credito tuttavia deve oltre che analizzare in termini quantitativi un'azienda, anche studiare un profilo qualitativo, cosa che invece oggi non accade quasi mai quando si va in banca a chiedere un fido, un prestito ecc. La prassi vuole che un amministratore di una società va in banca con cui ha un rapporto di c/c e chiede un prestito, la banca di contro, si fa portare i bilanci, valuta le garanzie, da un occhiata a quella che è la CRIF della società richiedente e senza nemmeno aprire i bilanci, se le garanzie supportano la cifra chiesta e se non ci sono riscontri negativi in CRIF o in centrale rischi, concede il prestito. Questo accade ormai sempre, le grandi società aggiornano i loro fidi trimestralmente, portano fatture per l'anticipo, giornalmente. Le piccole società invece per ottenere un prestito, devono firmare pile di documenti tra i quali ipoteche, fidejussioni garanzie ecc.
Quando poi se andassimo ad analizzare concretamente quelle che sono le "grandi" società andremmo a notare che tutto ciò che gli viene concesso non è supportato da basi di solidità, liquidità ed economicità. A tale proposito, per un lavoro di gruppo all'università, ho dovuto analizzare la Sadi servizi industriali spa, società quotata in borsa che effettua servizi di bonifiche ambientali oltre che trattamento e smaltimento dei rifiuti industriali. Dai primi risultati mi sono subito chiesto come fosse possibile che una società del genere, con perdite di esercizio costanti nel tempo, con risultati di gestione operativi negativi o di poco superiori allo 0 potesse essere ancora in vita e non essere fallita. Per non parlare del titolo azionario, poveri quei soggetti che nell'ormai lontano 1997 lo hanno acquistato a €18 con un valore ad oggi di circa € 5. Fortunati sono solo i soggetti che hanno avuto la forza ed il coraggio (premiato) di vendere il titolo a marzo del 2006 quando dopo l'approvazione della fusione il titolo ha raggiunto il suo picco storico di €26 per poi avere un costante declino. Tuttavia dalle indagini effettuate non credo che siano state molte le persone che si siano "liberate" di questo titolo. Avere un titolo Sadi, è come avere 20€ in mano e non poterli spendere, entrare in farmacia, al supermercato e non poter fare compre, infatti gli azionisti di minoranza non possono ne vendere il titolo, in quanto nessuno è disposto ad acquistarlo ne hanno più la speranza che questo guadagni terreno che ormai ha bruciato alle sue spalle. E come se non bastasse, la società non è nemmeno disposta ad acquistare le proprie azioni (buy-back) consapevole dell'inutilità di tale operazione. La fusione, dal punto di vista economico-finanziario è stato rilevante visto che solo nel 2007, anno della fusione gli indici di performance danno risultati positivi, ritornando puntualmente negativi l'anno seguente 2008, certo, si potrebbe dare atto a ciò alla crisi, ma dando una occhiata ai dati del 2009 e del 2010, la situazione non sembra essere tanto florida. L’equilibro economico lo ritroviamo solo negli anni 2007 e 2008, dal momento che tutti gli altri anni è in perdita; per quanto riguarda l’equilibrio finanziario, ossia la capacità di generare liquidità attraverso l’autofinanziamento, la Sadi presenta un autofinanziamento positivo solo nel 2007. Alla luce di Basilea 2 è inoltre importante verificare la capacità storica e futura dell’azienda di generare liquidità; anche se non abbiamo notizie riguardo al futuro, per quanto riguarda la capacità storica possiamo dire che l’azienda non è in grado di generare liquidità. Alla luce delle considerazioni fatte, il fabbisogno di Sadi Spa deriva dalla difficoltà di mantenersi in equilibrio sia economico che finanziario ( non è sufficiente il solo equilibrio economico) e dall’incapacità di generare liquidità attraverso l’autofinanziamento; per tanto una banca dovrebbe essere molto restia a concedere credito a tale azienda. Ad eccezione del 2007, anno in cui si è verificato un forte incremento del fatturato ed una sensibile diminuzione del tasso di intensità del capitale circolante netto operativo, possiamo notare che l’autofinanziamento è sempre negativo; tenendo presente che dalla stabilità o variabilità dell’autofinanziamento è possibile risalire alla capacità di rimborso dell’azienda, i dati ottenuti non sono per nulla confortanti. Per non parlare dello scandalo della sovrafatturazione dello smaltimento rifiuti nell’ambito della bonifica industriale dell’area Montecity-Santa Giulia nell’hinterland milanese. Da quel momento in poi il mercato borsistico non ha dato più fiducia al titolo in questione che ogni giorno ormai da un anno è quasi ogni giorno in costante perdita. Sintetizzando i dati presi in considerazione, la Sadi servizi industriali spa presenta:

- Un Capitale circolante netto operativo ed un autofinanziamento per nulla confortanti;
- Redditività per nulla soddisfacente (costantemente in perdita);
- Alta leva finanziaria;
- Debolezza manageriale e di posizionamento nel mercato;
- Difficoltà evidenti di gestione del debito;
- Incertezza sulla possibilità di pagamento degli interessi.

Nonostante ciò, tale impresa annualmente accende mutui o comunque affidamenti sia a breve che a medio - lungo termine con diverse aziende creditizie. Senza dunque avere nessun tipo di difficoltà formale di posizionamento creditizio ciò può essere spiegato solo attraverso le seguenti motivazioni:

- Tale società, nonostante i numerosi problemi, è in vita da oltre 100 anni;
- Il mancato affidamento del gruppo costituirebbe un danno per lo stesso, il che potrebbe causare a catena l’insolvibilità dei terzi finanziatori collegati (banche, creditori, ecc.) c.d. EFFETTO DOMINO);

- Impatto sul 14% dei soci che sono rappresentati dai piccoli risparmiatori. (vedi Parmalat);

- Finanziare un settore in cui il grado di concorrenza è molto basso, non concedere creditosignifica ridurre il tasso di concorrenza potrebbe causare problemi sui prezzi dei servizi offerti nel mercato;

- Rapporto rischio/rendimento mediamente alto implica maggiori tassi di interesse sui prestiti e quindi un maggior guadagno per l’ente creditizio.


Tali motivazioni tuttavia tendono più ad un’ analisi “emotiva” del merito di credito più che ad un’analisi tecnica.


Questo da me riportato è solo un esempio di come non esista una meritocrazia creditizia basata su analisi attente e profonde. Far fallire una società non è mai una cosa positiva, ma se la società a cui si tende la mano non opera secondo i canoni economici e finanziari adeguati, forse si dovrebbe non finanziare questo tipo di aziende e redistribuire i milioni di euro concessi ad un unica società che obbiettivamente non li merita e con tali milioni fare prestiti di misura minore a tante piccole società con opportunità di crescita evidenti, ciò è presupposto per la crescita della piccola impresa e di riflesso per l'economia in generale.

Commenti

  1. ANCHE SE NON NE CAPISCO MOLTO DI FINANZA TI DICO CHE MI TROVI DACCORDO SULL'ARGOMENTO INIZIALE E NON A CASO HO CITATO QUESTE ANOMALIE NEI RAPPORTI BANCARI E SULLA FACILITA' DI CONCEDERE PRESTITI E MUTUI PIU' SUL SUPPORTO CARTACEO CONTRAFFATTO PERO' IN LINEA CHE SULLA VERICIDITA' DELLA DOCUMENTAZIONE DELLE SOCIETA' ONESTE CHE PRESENTA QUALCHE ANOMALIA PER UN SICURO RIENTRO.TROVERAI LA MIA ARGOMENTAZIONE IN UN CAPITOLO DEL LIBRO"..DELIRIO...SCLERO DI TUTORI DELLA LEGGE DEPRESSI.

    RispondiElimina
  2. grazie giuseppe per il tuo appoggio... tienimi aggiornato sul tuo libro che quando uscità prenderò una copia!!

    RispondiElimina

Posta un commento